La presentazione di Operae sul sito ufficiale dell’iniziativa suonava grosso modo così: ”Dall’11 al 13 ottobre, il design autoprodotto italiano e internazionale si dà appuntamento a Torino. Mostra-mercato, incontri, dibattiti, workshop e tanto networking per mettere in contatto designer italiani e internazionali con gli addetti ai lavori e il grande pubblico.” Ed in effetti la manifestazione è un appuntamento ormai consolidato nel panorama del design italiano. Giunta alla sua quarta edizione, Operae rappresenta palcoscenico per progettisti giovani e meno giovani, o per i nuovi talenti che in Italia di sicuro non mancano. Quest’anno la manifestazione inoltre aveva l’ambizione di aprire ulteriormente il fronte degli approfondimenti e di indagare le direzioni del design contemporaneo, il suo rapporto con la società e con l’economia. IL protagonista era, ovviamente, l’Italia e il suo futuro, ma senza trascurare le esperienze internazionali. Nel Complesso l’edizione ha avuto successo di pubblico e di stampa, per cui si può parlare di edizione riuscita. Non ci ha convinto molto invece nel complesso il materiale esposto, o meglio le idee che hanno fatto mostra di se negli stand delle OGR, begli oggetti e poco più, tra il già visto e il concettuale. Forse siamo alla fine di un ciclo, che dura ormai dagli anni novanta, forse abbiamo ottenuto il massimo dal postmoderno di fine millennio. Oggi forse i tempi sono maturi per produrre qualche idea nuova, e voltare pagina. Se il design vuole fare avanguardia, deve oggi uscire dalla logica della crisi e produrre cose nuove. Con il coraggio che da sempre le idee sanno esprimere.
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Dalla parte di Eva